Onorevoli Colleghi! - Con la firma da parte dell'Italia della Convenzione internazionale sulla sicurezza della gestione dei rifiuti radioattivi e degli elementi di combustibile nucleare esaurito, fatta a Vienna il 20 settembre 1994, resa esecutiva dalla legge 19 gennaio 1998, n. 10, lo Stato italiano ha assunto formalmente, nei confronti di tutti i Paesi che aderiscono all'Agenzia internazionale dell'energia atomica, l'impegno di garantire la corretta gestione dei rifiuti radioattivi e del combustibile nucleare esaurito, riconoscendo, così, alla problematica una valenza ed un interesse di portata nazionale.
      In particolare spetta allo Stato:

          1) definire la policy della gestione e garantirne la sicurezza;

          2) stabilire ed applicare un chiaro quadro legislativo e regolatorio;

          3) stabilire gli obblighi connessi con la sicurezza della gestione del combustibile nucleare irraggiato e dei rifiuti radioattivi.

      I termini dell'argomento sono ormai noti.
      La circostanza che in Italia le attività nucleari sono state sospese, in conseguenza delle decisioni politiche seguite agli esiti referendari del novembre 1987, non ha fatto venire meno l'esigenza, non più derogabile, di dover pianificare la dismissione e la sistemazione di tutti gli impianti ed i residui radioattivi afferenti le attività nucleari pregresse. Infatti, i rifiuti radioattivi prodotti in Italia durante le passate attività nucleari sono attualmente immagazzinati negli stessi impianti (centrali nucleari ed impianti sperimentali e di ricerca) in cui furono prodotti; il combustibile nucleare esaurito, in parte, è stato rivenduto o inviato all'estero per il riprocessamento

 

Pag. 2

(impianti della British national fuel laboratory nel Regno Unito), in parte è stato trasferito ed immagazzinato nella piscina dell'ex reattore Avogadro presso il centro di Saluggia (Vicenza), mentre quello del reattore di Caorso è ancora collocato all'interno del vessel del reattore e in una piscina di stoccaggio presso la centrale.
      Le attività menzionate hanno una caratteristica unica, che non ha paragoni con nessuna altra attività industriale, in quanto l'obiettivo principale, l'isolamento dei materiali radioattivi dalla biosfera, va perseguito su una scala temporale plurisecolare e le cui prime fasi di attuazione, le più delicate dal punto di vista radioprotezionistico, si sviluppano nell'arco di alcune decadi.
      È chiaro come, per il decisore politico, si tratta di una problematica inedita: regolare l'organizzazione di attività di controllo destinata a durare per oltre una decina di generazioni a venire. Questa scala temporale lunghissima va confrontata da un lato con l'urgenza di mettere in sicurezza i siti nucleari ed i rifiuti radioattivi di diverso tipo, in quanto le strutture attuali non sono state progettate per la scala temporale richiesta, dall'altro va tenuto in considerazione il versante dei costi della sistemazione definitiva dei rifiuti radioattivi, che richiede necessariamente l'accantonamento di risorse finanziarie adeguate che, per l'entità delle stesse, necessitano di un orizzonte temporale molto lungo, per il quale il Paese è già oggi in fortissimo ritardo.
      Per tutti i rifiuti radioattivi sono già in corso, o sono comunque in programma, attività di «condizionamento», cioè la loro trasformazione in manufatti con caratteristiche chimico-fisiche atte a garantire l'isolamento dei radionuclidi dalla biosfera per 300-350 anni, secondo le linee guida vigenti (guida tecnica ANPA n. 26).
      Come sarà illustrato in dettaglio più avanti, le attività da prevedere per la sistemazione definitiva dei siti nucleari e dei rifiuti radioattivi si sviluppano su scale temporali diversificate, alcune sull'ordine dei dieci anni, altre sull'ordine di alcune decadi fino a un secolo, per giungere agli oltre tre secoli menzionati. Tutte queste attività, per essere ben condotte, richiedono un'elevata capacità di pianificazione e di coordinamento.
      Un primo orizzonte temporale delle azioni da intraprendere riguarda le attività di condizionamento, che richiederanno circa dieci anni. Rimangono tuttavia esclusi da tale attività tutti quei rifiuti che verranno prodotti dallo smantellamento degli impianti nucleari.
      Ciò dipende dal fatto che per tutti gli impianti nucleari è prevista una procedura di «disattivazione» (articolo 55 del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230) di cui lo smantellamento è la fase finale, cioè quell'attività di rimozione e di demolizione dei sistemi e componenti, e di allontanamento dalla centrale di tutti i rifiuti radioattivi, finalizzata al rilascio incondizionato del sito. Tale fase finale, per esempio, nel caso dei reattori, può essere avviata dopo circa trenta anni dal fermo degli impianti, allorquando i valori della radioattività residua permetteranno di evitare un rischio di dosi indebite ai lavoratori ed alle popolazioni, nonché di danni all'ambiente.
      La questione che parallelamente dovrà essere affrontata e risolta riguarda il deposito definitivo nazionale presso cui conservare tutti i rifiuti radioattivi opportunamente condizionati. La caratterizzazione e la qualificazione del sito e la progettazione delle strutture adeguate richiedono un'accurata preparazione ed una fase di attuazione i cui tempi sono medio-lunghi. Anche qui l'urgenza di avviare questa fase è evidente: fino a che tale centro di deposito definitivo non esisterà, i rifiuti già condizionati, e quelli che continueranno a essere prodotti da attività industriali e dagli utilizzi in campo sanitario e della ricerca scientifica, dovranno continuare ad essere depositati presso i siti attuali.
      In sostanza la creazione di un idoneo centro di deposito definitivo è la condizione indispensabile per avviare le attività di denuclearizzazione dei siti esistenti e, inoltre, per ridurre i rischi associati all'attuale
 

Pag. 3

sistemazione dei rifiuti, rischi che nel tempo sono destinati ad aumentare con l'invecchiamento progressivo delle strutture attuali.
      Il quantitativo di rifiuti radioattivi già prodotti, e di quelli che verranno prodotti dallo smantellamento degli impianti e delle centrali, è stimato essere in forma condizionata oltre 200 mila metri cubi. La maggior parte di essi (circa il 96-98 per cento in termini volumetrici) è costituita da quelli di media e bassa radioattività, o ad emivita breve (cioè radionuclidi con tempi di dimezzamento dell'ordine di circa trenta anni), detti di «seconda categoria».
      Alla tipologia dei rifiuti menzionati va aggiunta un'altra tipologia di rifiuti derivante dall'utilizzo di sostanze radioattive nel settore della ricerca scientifica, in campo tecnologico, nell'industria e nel settore medico-sanitario, terapeutico e diagnostico. Tali rifiuti danno luogo, annualmente, a circa 300-400 metri cubi di rifiuti radioattivi (valore stimato su base operativa), che devono essere raccolti e custoditi perché caratterizzati da radionuclidi a vita medio-lunga e talvolta anche radiotossici.
      Contrariamente a quanto avviene per i rifiuti radioattivi di origine impiantistica, questi rifiuti, di norma, non seguono la pratica della conservazione nei luoghi di produzione, ma vengono affidati per lo più ad imprese private, che in parte li immagazzinano in depositi autorizzati dalle autorità periferiche locali (aziende sanitarie locali, prefetti), ma comunque precari, ed in parte li trasferiscono negli impianti dell'Ente per le nuove tecnologie, l'energia e l'ambiente (ENEA) del centro della Casaccia gestiti dalla Nucleco Spa (società costituita con delibera del CIPE dell'11 luglio 1980).
      Della destinazione di altri rifiuti radioattivi non si hanno notizie certe (valore stimato: 5-10 per cento in volume), perché al momento sfuggono al controllo delle autorità competenti.
      Lo scenario completo di tutti i rifiuti radioattivi è alquanto variegato e complesso, sia per la tipologia e le caratteristiche fisico-chimiche del rifiuto stesso, sia per le attività di condizionamento svolte dagli esercenti in assenza di precise prescrizioni.
      Per i rifiuti di seconda categoria, il deposito definitivo avviene in tutto il mondo in speciali strutture artificiali, spesso di superficie, dette anche «depositi modulari», localizzate in un sito con caratteristiche naturali ed antropiche adeguate e custodito per periodi di circa 300-350 anni.
      Secondo una indagine della International atomic energy agency (IAEA) svolta negli ultimi anni novanta, i Paesi con siti di smaltimento già operativi erano trentasette, mentre otto erano con un sito già selezionato ed in fase di approntamento e nove Paesi con un processo di selezione avviato da tempo.
      Oltre alle unità di deposito, il sito può ospitare installazioni ausiliarie, quali ad esempio laboratori di analisi e controllo, stazioni di condizionamento, servizi, eccetera. L'insieme si configura, quindi, come un centro tecnologico dove è anche possibile svolgere altre attività di tipo tecnico-scientifico.
      Poiché l'isolamento dei radionuclidi dalla biosfera è assicurato dalla combinazione condizionamento-strutture ingegneristiche, le caratteristiche geografiche del sito non sono da considerare particolarmente critiche. Pur tuttavia, il sito dovrà possedere quei requisiti geomorfologici indispensabili che lo rendono sicuro nel lungo periodo, anche nelle condizioni incidentali.
      I rifiuti ad alta radioattività ed a lunga vita media, detti di «terza categoria», che in Italia rappresentano dopo il condizionamento il restante 2-4 per cento dell'intera produzione in volume, sono destinati, secondo la prassi universalmente adottata, ad essere immagazzinati in appositi «depositi temporanei», per un periodo dell'ordine di circa 50-100 anni, in vista del loro collocamento in depositi realizzati in formazioni geologiche profonde. Le caratteristiche tecniche di queste formazioni sono ancor oggi allo studio, anche attraverso laboratori sotterranei, nei Paesi che proseguono nelle attività nucleari.
 

Pag. 4


      I depositi temporanei, costituiti da adeguate strutture ingegneristiche, di norma sono utilizzati anche per l'immagazzinamento degli elementi di combustibile esaurito e possono essere realizzati nel medesimo centro di smaltimento dei rifiuti radioattivi di seconda categoria.
      Considerando la peculiare situazione logistica e l'inventario dei rifiuti radioattivi italiani, le azioni da intraprendere, con priorità, riguardano l'istituzione di un organismo di gestione, nonché il reperimento e la predisposizione di un sito per il deposito definitivo di tipo superficiale dei rifiuti condizionati di seconda categoria.
      Coerentemente agli obiettivi da perseguire, le due azioni non possono che procedere di pari passo ed essere avviate in tempi brevi.

AZIONI IN CORSO PER LA SCELTA E PER LA PREDISPOSIZIONE DEL DEPOSITO NAZIONALE.

      Il problema della sistemazione dei rifiuti radioattivi presenti sul territorio nazionale è stato discusso nel 1996 nell'ambito della sezione nucleare della Commissione «grandi rischi», istituita presso il Dipartimento della protezione civile della Presidenza del Consiglio dei ministri. L'argomento era stato posto all'ordine del giorno sia su sollecitazione della precedente Commissione parlamentare di inchiesta monocamerale, sia a seguito di iniziative giudiziarie e politiche in materia di rifiuti radioattivi. Per la valutazione di un programma operativo, la Commissione aveva istituito un apposito gruppo di lavoro, con rappresentanti di enti ed operatori nazionali interessati al problema (ENEA, Ente nazionale per l'energia elettrica (ENEL), nonché ANPA in qualità di osservatore).
      Nello stesso periodo l'ENEA ha costituito una task force per individuare il sito nazionale di deposito dei rifiuti radioattivi; in particolare esso è stato incaricato di intraprendere le azioni di natura sitologica e progettuale dirette all'individuazione e alla caratterizzazione di un sito idoneo ad ospitare il centro di deposito ed alla definizione concettuale del sistema ingegneristico. La priorità assegnata alla task force è stata quella di avviare le azioni preliminari, volte alla scelta del sito nel quale costruire il deposito definitivo dei rifiuti di seconda categoria.
      La task force ha svolto, in particolare, le seguenti attività:

          1) completamento ed analisi critica dell'inventario nazionale di rifiuti e di materiali destinati al deposito, al fine di acquisire i dati per il dimensionamento del centro di deposito. Questa valutazione ha incluso anche i quantitativi dei rifiuti che proverranno dallo smantellamento delle centrali dell'ENEL e degli impianti dell'ENEA, che costituiscono la quota di gran lunga preponderante dei volumi da inviare ai depositi. L'inventario è in corso di revisione, in quanto dovranno essere definiti con maggiore approssimazione i suddetti dati (rifiuti radioattivi del Centro interforze studi per le applicazioni militari (CISAM), del Centro comune di ricerca (CCR) di Ispra, eccetera);

          2) elaborazione di uno studio concettuale per l'individuazione di un centro di deposito proponibile, sulla base delle caratteristiche qualitative e quantitative dei rifiuti italiani. Il lavoro è stato eseguito, su ordinazione, dall'agenzia francese ANDRA (Agenzia nazionale per i rifiuti radioattivi). Lo studio ha avuto un carattere anche metodologico, nel senso che è stato diretto ad individuare sia la metodologia di valutazione di un sito che la soluzione ingegneristica adatta;

          3) avvio di uno studio di performance assessment, avente per oggetto l'individuazione e l'applicazione di una metodologia di calcolo per la valutazione del comportamento ai fini del contenimento della radioattività, di un sistema di depositi e del sito relativo nelle condizioni di esercizio normale ed in quelle perturbate;

          4) caratterizzazione più dettagliata diretta a meglio definire le caratteristiche geo ed idrogeologiche, antropiche, climatiche,

 

Pag. 5

eccetera, al fine di disporre di dati più precisi per la valutazione quantitativa di performance assessment e, quindi, meglio qualificare il programma ed il modello di calcolo.

STRUMENTI NORMATIVI.

      La pianificazione delle attività di chiusura del nucleare e quindi della conseguente sistemazione del pregresso, deve avvenire sulla base di un piano nazionale integrato che fa ricorso a tutte le risorse e le competenze tecnico-scientifiche ancor oggi disponibili nel Paese. Le ragioni di una tale esigenza, non più rinviabile, vanno ricercate principalmente nel fatto che l'attuale rischio radiologico deve essere drasticamente ridotto, alla luce dell'attuale sviluppo tecnologico, e di scelte strategiche ed innovative in campo energetico, tenendo presente che le risorse di personale qualificato, con reale bagaglio di conoscenza della situazione impiantistica, vanno progressivamente riducendosi.
      Si tratta quindi di dover dar vita ad un progetto complessivo di ampia valenza programmatica, che tenga conto non solo della peculiarità del nostro Paese (impianti nucleari da tempo non più in esercizio, ricerca applicata sospesa, perdita progressiva della professionalità, della memoria storica e delle risorse umane), ma che comprenda anche la necessità di garantire il mantenimento delle necessarie competenze tecnico-scientifiche, nonché le conseguenti attività di ricerca finalizzate a soluzioni innovative di smaltimento.
      Gli strumenti essenziali, perché si passi da una situazione di attesa e di studio ad una condizione di soluzione programmata, sono nell'ordine:

          a) strategia per il processo di scelta del sito di smaltimento;

          b) scelta di un sito di smaltimento da parte dello Stato;

          c) istituzione di una Agenzia nazionale di gestione, che nasca in un chiaro quadro di riferimento normativo e che raccolga le esperienze e le professionalità disponibili nel Paese, per tramandarle in vista dei lunghi tempi richiesti da una sistemazione definitiva delle attività nucleari pregresse;

          d) realizzazione di un centro di deposito per lo smaltimento dei rifiuti radioattivi di bassa e media radioattività;

          e) individuazione di sicure fonti di finanziamento.

      È importante che il primo punto preceda e proceda contemporaneamente con le azioni di cui alle lettere b) e c), essendo la scelta del sito il vero e proprio cammino critico dell'intero processo di predisposizione del deposito.
      Il percorso logico indicato è fondamentale per la ricerca del consenso, che deve essere basata su un'azione capillare di informazione trasparente. Quest'attività, che deve essere diretta soprattutto agli amministratori ed ai politici locali, oltre che alle comunità scientifiche ed alle associazioni ambientaliste, dovrà essere condotta da un organismo super partes, istituito per essere garante della correttezza delle procedure e delle informazioni.
      La Francia, la cui esperienza in questo campo è notevole, ha affidato ad esempio la diffusione dell'informazione al cosiddetto «mediatore» nominato dal Consiglio dei ministri, scelto tra persone di indubbia capacità politica ed adeguata cultura tecnologica e scientifica.
      Per dare attuazione a quanto espresso, è necessario predisporre atti legislativi concepiti per garantire la massima efficacia all'intero sistema gestionale, lasciando inalterato il quadro delle competenze istituzionali di tutti i soggetti che, direttamente o indirettamente, sono coinvolti nel processo di sistemazione definitiva del pregresso nucleare.
      In particolare, nell'elaborare gli schemi normativi, si ritiene che si debba tener conto, per quanto compatibile con la specifica situazione del nostro Paese, delle esperienze lavorative di altri Paesi dell'Unione europea, trasferendo all'Agenzia le competenze istituzionali e le strutture

 

Pag. 6

dell'ENEA e mantenendo nel contempo, per quanto possibile, anche gli strumenti normativi già vigenti in Italia.

ISTITUZIONE DELL'AGENZIA NAZIONALE PER LA GESTIONE DEI RIFIUTI RADIOATTIVI (ANGERIR).

      L'indirizzo di base è quello di attribuire all'ANGERIR sia la responsabilità globale di gestione centralizzata dei rifiuti da chiunque prodotti o detenuti, sia il compito di provvedere, sulla base di un concordato programma di disattivazione, allo smantellamento degli impianti nucleari, quest'ultimo inteso come fase ultima del piano globale di disattivazione previsto dall'articolo 55 del citato decreto legislativo n. 230 del 1995. Ciò per tener conto della sostanziale unitarietà del problema della disattivazione degli impianti, della messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi e del combustibile nucleare.
      Sotto questo profilo, una gestione unificata non potrebbe che avere effetti positivi.
      In particolare, l'Agenzia deve principalmente:

          1) proseguire gli studi che condurranno alla caratterizzazione ed alla qualificazione del sito di smaltimento prescelto;

          2) provvedere alla progettazione ed alla realizzazione dei servizi, delle infrastrutture e dei depositi definitivi;

          3) programmare con l'ENEA la cessione degli impianti ed il trasferimento del personale qualificato ed assumersi la responsabilità della gestione della disattivazione;

          4) stabilire, in accordo con gli esercenti gli impianti nucleari, un programma nazionale di disattivazione;

          5) provvedere allo smantellamento degli impianti nucleari dell'ENEL che hanno raggiunto la condizione di custodia protettiva passiva;

          6) stabilire i criteri e la modalità di accettazione dei rifiuti radioattivi nel centro di smaltimento, nonché la relativa congruità dei costi.

      Inoltre l'Agenzia, nell'ambito delle proprie competenze istituzionali, deve perseguire la collaborazione con l'università, gli istituti di ricerca e gli organismi europei ed internazionali, al fine di mantenere aggiornato il know-how tecnologico in materia di smantellamento, di gestione e di smaltimento dei rifiuti ad alta radioattività, e di sistemazione degli elementi di combustibile nucleare esaurito, nonché concludere accordi di programma con lo Stato, le regioni e gli enti locali.
      In pratica l'Agenzia, che avrà personalità giuridica di diritto pubblico e sarà sottoposta alla vigilanza del Ministro dello sviluppo economico, deve garantire l'insieme della gestione finale dei rifiuti radioattivi, assumendo la titolarità del centro di deposito definitivo per un periodo di circa 300-350 anni, durante il quale dovrà attuare un controllo istituzionale adeguato.
      Gli esercenti ed i titolari di provvedimenti di disattivazione degli impianti nucleari devono elaborare una proposta globale di accantonamento (da aggiornare ogni tre anni) delle somme da destinare alle attività di smaltimento dei rifiuti radioattivi ed allo smantellamento di impianti nucleari, nonché alla custodia degli elementi di combustibile esaurito, da sottoporre all'approvazione del Ministro dello sviluppo economico, secondo le modalità stabilite dallo stesso Ministro. Parimenti, l'Agenzia dovrà predisporre un piano programmatico e finanziario triennale, nel quale dovrà tener conto degli accantonamenti di cui sopra, che sottoporrà all'approvazione del Ministro vigilante.
      In definitiva, le fonti di finanziamento dell'Agenzia saranno principalmente assicurate:

          1) dallo Stato, per quanto attiene le spese di gestione e di investimento;

          2) dai produttori e dai detentori dei rifiuti radioattivi nonché dai titolari dei

 

Pag. 7

provvedimenti di disattivazione per le attività di smaltimento;

          3) dai contributi esterni quali, ad esempio, quelli dell'Unione europea, degli enti di ricerca, eccetera;

          4) dal proprio patrimonio.

      Inoltre, in un primo momento, è possibile assicurare all'Agenzia anche una parte delle risorse finanziarie provenienti dai contributi che lo Stato affida annualmente all'ENEA per la messa in sicurezza dei propri impianti.
      Infine, in sede di prima attuazione, le risorse umane qualificate e quelle infrastrutturali saranno, per lo più, acquisite dall'Agenzia mediante trasferimento di uomini e di mezzi da altri organismi pubblici, come l'ENEA, dall'ENEL e dalla Nucleco Spa.
      È stato evidenziato, in precedenza, che la scelta del sito di smaltimento è un obiettivo di primaria importanza, di cui lo Stato deve farsi carico. Per essere, quindi, coerenti con gli obiettivi che si vogliono perseguire, è necessario che gli adempimenti della normativa connessi alla scelta del sito di smaltimento abbiano corso soltanto quando il sito di smaltimento sarà stato scelto, con decreto, dalle competenti autorità ministeriali.

RIFLESSIONI SULL'ORGANISMO PER LA GESTIONE DEI RIFIUTI RADIOATTIVI.

Compiti e competenze.

      Sulla base delle soluzioni organizzative e delle esperienze operative di altri Paesi dell'Unione europea, le agenzie o le società per la gestione dei rifiuti radioattivi possono avere compiti e responsabilità più o meno estesi. Di fatto, in Europa sono stati concepiti essenzialmente due modelli di operatori. Uno, per così dire, di tipo istituzionale, nel quale l'organismo assicura in pratica, per conto della collettività, funzioni di garanzia sulla gestione finale dei rifiuti, in particolare tenendo presenti le implicazioni di lungo periodo (vedi ANDRA, in Francia, e NIREX, nel Regno Unito); l'altro, invece, di contenuto più operativo, nel quale all'organismo sono attribuiti compiti di gestione più estesi, non limitati cioè solo alle attività di smaltimento definitivo, come nel caso dell'ONDRAF, in Belgio, e della ENRESA, in Spagna.
      In Italia, vista la peculiarità della situazione nucleare, l'organismo che si propone deve essere concepito essenzialmente per assicurare alla collettività, per un periodo centenario, la sistemazione di tutto ciò che è stato e che verrà prodotto dalle attività connesse con l'uso pacifico dell'energia nucleare ma anche capace di programmare e realizzare la disattivazione degli impianti nucleari.
      Comunque, le funzioni base da assegnare all'Agenzia, che sono di fatto quelle per le quali si vuole concepire un organismo ad hoc, sono di seguito elencate.

      La gestione del centro di deposito definitivo.

      La gestione del centro può anche includere le attività operative di contorno, come il trasporto dei rifiuti radioattivi condizionati dai luoghi di produzione o di stoccaggio, anche se è possibile ipotizzare l'impiego di operatori su committenza, dato che i trasporti sono, nella situazione e con l'inventario italiani, molto diluiti nel tempo ed un'attività in proprio potrebbe essere onerosa per l'Agenzia.
      La gestione di un centro di smaltimento implica, anche e soprattutto, la custodia di lungo periodo durante il quale si ha il «controllo istituzionale», che è quello successivo alla fase operativa, a centro completato e chiuso, nella quale è necessario custodire il sito ed eseguire controlli e monitoraggi ambientali di vario tipo per circa 300 anni.
      La gestione di un centro, comportando la titolarità della licenza di esercizio, implica anche che l'Agenzia sia attore dell'iter autorizzativo. Come è noto, infatti,

 

Pag. 8

quando si deposita un rapporto di sicurezza, si deve contestualmente indicare il titolare. Ne deriva, per come si svolge l'iter per un sito di smaltimento, che l'Agenzia è anche il soggetto che qualifica il sito.

      Altra funzione di base è pertanto la qualificazione del sito.

      Non si deve confondere questo compito con la scelta del sito.
      Si arriva, infatti, alla scelta di un sito attraverso un processo complesso, che implica azioni politiche e tecniche, queste ultime basate sulle caratteristiche che sono state prefissate dalle competenti autorità (Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici).
      Le diverse fasi comprendono:

          l'individuazione di vari siti potenzialmente idonei;

          la selezione di una rosa ristretta di siti;

          l'individuazione dei siti candidati.

      Tutte queste operazioni, propedeutiche alla caratterizzazione e alla qualificazione del sito, non richiedono necessariamente azioni in campo, ma possono essere svolte su documenti esistenti (mappe, piani regolatori, dati climatologici, dati socio-economici, carte idrogeologiche). I siti candidati vengono resi pubblici e su essi si inizia una caratterizzazione in campo, che richiede pertanto il consenso pubblico. Questa fase deve essere preceduta o comunque affiancata da una puntuale informativa, capillare e trasparente, attraverso riunioni con Stato e regioni, province, enti locali, associazioni ambientaliste, eccetera, che come è stato detto in precedenza, deve essere svolta da un organismo super partes e comunque diverso dall'Agenzia.
      Tra i siti candidati si individua quello sul quale si inizia una preliminare attività di qualificazione, che viene svolta al fine di dare conferma ai dati che sono riportati nel rapporto di sicurezza. La qualificazione completa, che è estesa e costosa, richiedendo sondaggi, verifiche geotecniche, eccetera, si effettua solo per il sito finale. Queste fasi di qualificazione devono essere svolte necessariamente dall'Agenzia, in quanto titolare della licenza di esercizio.
      Si può anche prevedere che l'Agenzia svolga le attività precedenti, di caratterizzazione, di concerto con enti ed istituti pubblici competenti nella materia.

      Programma nazionale di disattivazione e partecipazione alle attività di smantellamento degli impianti nucleari.

      La strategia di disattivazione dei reattori nucleari, per motivi di opportunità radioprotezionistica, è di norma attuata in due fasi:

          1) la prima, alla quale provvede il titolare della licenza di esercizio, comprende l'insieme delle attività che devono far raggiungere all'impianto un assetto atto a garantire la tutela fisica e sanitaria dei lavoratori e della popolazione, cioè un assetto per cui la nocività e la pericolosità dell'impianto sono ridotte al minimo consentibile. Questa condizione, detta anche custodia protettiva passiva (CPP) dell'impianto nucleare, si ottiene essenzialmente allontanando il combustibile nucleare dall'impianto, rimuovendo la contaminazione asportabile, condizionando tutti i rifiuti radioattivi e riducendo drasticamente i carichi di fuoco nonché confinando la radioattività residua in edifici e in componenti sigillabili;

          2) la seconda fase, detta di «smantellamento», deve perseguire l'obiettivo del rilascio incondizionato del sito. Pertanto essa comprende l'allontanamento dall'impianto dei rifiuti radioattivi solidificati, lo smantellamento delle infrastrutture e dei componenti contaminati ed attivati, nonché un'approfondita indagine radiometrica ambientale. Tale fase può essere avviata dopo circa 25-30 anni dall'arresto del reattore, allorquando la residua radioattività indotta nell'impianto non tenderà più a diminuire in modo significativo. Prorogare quindi ulteriormente l'avvio delle attività di smantellamento non com

 

Pag. 9

porterebbe ulteriore beneficio radioprotezionistico.
      Per questa seconda fase, l'Agenzia, sulla base di un programma nazionale concordato con gli esercenti, partecipa all'attività di smantellamento, costituendo società o consorzi.
      Per gli impianti del ciclo del combustibile le operazioni connesse alle attività di disattivazione, di norma, avvengono senza soluzione di continuità in quanto, solitamente, non sussistono le esigenze di radioprotezione che sono alla base del differimento delle attività di smantellamento.
      Lo smantellamento degli impianti è quindi un passo importante della strategia di sistemazione delle attività nucleari pregresse in quanto rappresenta non solo il momento di trasferimento del know-how tecnologico ed impiantistico dall'esercente all'Agenzia, ma anche l'ultimo atto significativo che consente il completo recupero dell'area sulla quale era stato realizzato il reattore o l'impianto nucleare.
      In generale, le funzioni che non sono necessariamente da assegnare ad un'Agenzia sono invece sostanzialmente:

          a) le attività connesse con il processo di selezione del sito o dei siti candidati, cioè le attività a monte della qualificazione. Potrebbe, ad esempio, ritenersi opportuno che esse vengano appositamente svolte da un attore diverso da chi dovrà poi qualificare e gestire il sito, allo scopo di separare la figura di chi qualifica il sito da colui che lo cerca e lo caratterizza. Nel caso italiano, se assegnare o no questo compito all'Agenzia, dipende anche dai tempi di istituzione della stessa, in quanto le attività in corso condotte dall'ENEA non devono essere interrotte, dovendo esse consentire di arrivare all'indicazione del sito candidato per quando sarà operativa l'Agenzia;

          b) le attività di condizionamento dei rifiuti radioattivi. Includere questa attività, almeno in sede di prima attuazione, tra quelle dell'Agenzia comporta, di fatto, assegnare ad essa i compiti attualmente svolti da alcuni esercenti quali l'ENEA, l'ENEL e il centro Euratom di Ispra. Ciò, invece, in linea di principio, è auspicabile per il trattamento ed il condizionamento dei rifiuti radioattivi di origine industriale, tecnologica, scientifica, eccetera.

Stima dell'investimento.

      Sulla base di analoghi programmi realizzati in altri Paesi dell'Unione europea e tenendo presente la situazione nazionale, l'investimento per la realizzazione dell'insieme delle infrastrutture all'interno ed all'esterno del centro di deposito definitivo, degli impianti di controllo, dei laboratori, dei servizi e delle strutture di deposito può essere dell'ordine di 200-300 milioni di euro, da suddividere in circa 8-10 anni.
      Le attività di progettazione e la costruzione sul sito anche del deposito temporaneo per l'alta attività e per gli elementi di combustibile potrebbero comportare il raddoppio dell'investimento. Vale la pena qui sottolineare che l'attuazione dell'intero programma richiede tempi relativamente lunghi. Si ricorda, quindi, che l'istituzione dell'Agenzia e la procedura per la scelta del sito dovranno procedere di pari passo.
      Si può quindi supporre, sulla base anche di esperienze estere, di porre in atto un programma temporale così articolato:

          avvio delle attività di promozione della diffusione dell'informazione, settembre 2006;

          istituzione dell'Agenzia, marzo 2007;

          prosecuzione delle attività di caratterizzazione dei siti, dicembre 2007;

          decreto per la scelta del sito, marzo 2008;

          qualificazione del sito, marzo 2009;

          procedure autorizzative, marzo 2010;

          costruzione, dicembre 2011;

          esercizio, marzo 2015.

 

Pag. 10

Possibili ricadute socio-economiche ed industriali.

      È stato detto, in premessa, che il centro di deposito definitivo in realtà è un centro dove si svolgono attività tecnologiche. È possibile quindi ipotizzare che nell'area si possano avviare altre iniziative compatibili e costituire poli di sviluppo a contenuto ecologico, dall'indubbia valenza socio-economica ed industriale. Infatti la realizzazione di infrastrutture, di laboratori e di servizi e l'esecuzione delle operazioni di disattivazione degli impianti nucleari sono indubbiamente un momento di stimolo per l'industria nazionale che potrebbe impegnarsi a sviluppare e ad applicare tecnologie altamente innovative.
      Esempi di questo tipo sono all'estero ormai una realtà.
      La ricaduta qualitativamente non trascurabile di nuove iniziative potrebbe condurre ad un indotto (anche commerciale) di notevole interesse culturale per i cittadini e per gli amministratori locali e regionali. Ovviamente, far divenire realtà quanto è stato ipotizzato dipenderà molto dalla formulazione di un programma di interventi, dall'ammontare degli investimenti e dalla volontà politica degli amministratori locali e regionali.

ESEMPI DI ORGANISMI EUROPEI ED INTERNAZIONALI PREPOSTI ALLA GESTIONE DEI RIFIUTI RADIOATTIVI.

Belgio.

Leggi e organismi preposti.

      La politica della gestione dei rifiuti radioattivi è affidata alla responsabilità dell'ONDRAF/NIRAS, l'Agenzia nazionale per la gestione dei rifiuti radioattivi e del materiale fissile, un ente pubblico creato da una legge del 1980.
      Questa Agenzia opera sotto la supervisione del Ministero per gli affari economici, che comprende l'energia tra le sue responsabilità.
      Un regio decreto del 30 marzo 1981 definisce le finalità e i compiti dell'Agenzia.
      Una legge del gennaio 1991 integra tra le competenze dell'Agenzia anche la gestione del materiale fissile e del combustibile irraggiato, nonché lo smantellamento degli impianti nucleari dismessi, con modalità successivamente definite con apposito regio decreto dell'ottobre 1991.
      Le attività relative alla gestione dei rifiuti radioattivi sono, al pari di tutte le altre attività nucleari, sottoposte all'osservanza delle «regole generali per la protezione della popolazione e dei lavoratori dal rischio delle radiazioni ionizzanti» (regio decreto del 28 febbraio 1963, e successive revisioni).

Finanziamenti.

      All'atto della sua costituzione, l'Agenzia ONDRAF/NIRAS ha ricevuto una dotazione iniziale dallo Stato. A parte questo fondo iniziale, la legge istitutiva dell'Agenzia ONDRAF/NIRAS stabilisce che tutte le spese relative alla gestione dei rifiuti radioattivi devono essere sostenute da chi li produce, tramite appositi contratti e convenzioni negoziati tra i produttori e la stessa Agenzia.
      Il finanziamento di operazioni più a lungo termine quali lo smaltimento definitivo nel sito nazionale è anch'esso assicurato dai produttori di rifiuti tramite un fondo speciale.

Spagna.

Leggi e organismi preposti.

      Con regio decreto n. 1522 del 1984 è stata istituita l'Agenzia nazionale per i residui radioattivi (ENRESA); lo stesso decreto ne definisce i compiti e le responsabilità.

 

Pag. 11


      La politica generale per la gestione dei rifiuti radioattivi è definita periodicamente tramite il Piano nazionale per i residui radioattivi, elaborato dall'Agenzia ENRESA e sottoposto al Ministero dell'industria e dell'energia per la successiva approvazione governativa. Il primo di questi piani è stato approvato nel 1987, ed attualmente è in vigore il V piano, approvato nel dicembre 1999.
      Le leggi quadro di riferimento, concernenti tutte le applicazioni pacifiche dell'energia nucleare, sono: legge sull'energia nucleare (Atto n. 25 del l964); decreto n. 2869 del 1972 sul rilascio delle licenze per installazioni nucleari; regio decreto n. 2519 del 1982 sulla protezione della popolazione e dei lavoratori dal rischio di radiazioni ionizzanti (emendato nel 1987).

Finanziamenti.

      All'atto della sua costituzione, l'Agenzia ENRESA ha ricevuto una dotazione iniziale dallo Stato (finanziamenti, personale e infrastrutture già della JEN, Junta Energia Nuclear, l'Ente nucleare spagnolo analogo all'ex CNEN italiano).
      Secondo la legge istitutiva dell'Agenzia ENRESA, i costi di tutte le attività relative alla gestione dei rifiuti radioattivi devono essere sostenuti dai produttori dei rifiuti stessi. Il sistema previsto consiste nel fissare una tassa basata su una percentuale del conto totale delle forniture di energia elettrica fornita dall'intero comparto elettrico, in modo da costituire un fondo di dotazione permanente.
      Attualmente l'ENRESA opera utilizzando quasi esclusivamente gli interessi prodotti da tale fondo, lasciando pressoché intatto il capitale in vista del suo utilizzo per le operazioni più impegnative (deposito centralizzato temporaneo per il combustibile irraggiato, sito nazionale di smaltimento definitivo in formazioni geologiche).
      Per i rifiuti radioattivi non di produzione elettronucleare, è previsto invece il pagamento di specifiche tariffe applicate ai servizi prestati.

Francia.

Leggi e organismi preposti.

      Con decreto congiunto dei Ministri dell'industria, dell'economia e del bilancio del 7 novembre 1979 è stata creata, in seno al CEA (Commissariat à l'Energie atomique) l'ANDRA (Agenzia nazionale per la gestione dei rifiuti radioattivi).
      La legge n. 1381 del 30 dicembre 1991, relativa alla gestione dei rifiuti radioattivi, ha sganciato l'ANDRA dal CEA, trasformandola in un organismo pubblico industriale e commerciale, sotto la tutela dei Ministri dell'industria, della ricerca e dell'ambiente. Sulla base di tale disposizione legislativa, il decreto del Primo Ministro n. 1391 del 30 dicembre 1992, riconfermando ed ampliando le finalità e i compiti già definiti nel decreto 7 novembre 1979, ha definito la nuova organizzazione dell'Agenzia. Oltre ai compiti specifici di gestione (raccolta dei rifiuti, predisposizione e gestione dei siti nazionali di deposito sia per la bassa attività che per l'alta attività) l'ANDRA ha anche la responsabilità di definire le specifiche nazionali per il condizionamento dei rifiuti, di promuovere e contribuire ai programmi di ricerca nazionali in materia di gestione dei rifiuti, di repertoriare lo stato e la localizzazione di tutti i rifiuti radioattivi che si trovano sul territorio nazionale.

Finanziamenti.

      Fonti principali di finanziamento per l'ANDRA sono le sovvenzioni dello Stato e degli enti locali, la remunerazione dei servizi prestati in ambito nazionale, la partecipazione a programmi finanziati dall'esterno (esempio: Unione europea), la cessione a Paesi terzi di proprie conoscenze (esempio: assistenza all'ENRESA per la realizzazione del deposito di El Cabril).

 

Pag. 12

Germania.

Leggi e organismi preposti.

      Le leggi di riferimento sono: Atomic energy act (15 luglio 1985, emendato il 19 luglio 1994); Radiation protection ordinance (13 ottobre 1976, emendato il 2 agosto 1994); Directive on the control of radioactive waste (16 gennaio 1989, emendato il 14 gennaio 1994). La responsabilità primaria per la gestione dei rifiuti radioattivi è del BfS (Ufficio federale per la protezione dalle radiazioni), creato nel 1976 con il nome di PTB, poi mutato in BfS, e posto sotto la giurisdizione del BMU (Ministero federale per l'ambiente, la protezione della natura e la sicurezza dei reattori).
      Per gli aspetti relativi alla ricerca tecnologica sulla gestione dei rifiuti radioattivi, il BMU agisce congiuntamente con il BMFT (Ministero federale per la ricerca e la tecnologia).
      Il BfS si avvale, come bracci operativi, delle Società DBE (Compagnia germanica per la costruzione e l'operazione di depositi per rifiuti radioattivi) e GNS (Compagnia per i servizi nucleari, di proprietà per l'80 per cento delle utility elettronucleari).

Finanziamenti.

      I costi per la gestione dei rifiuti radioattivi devono essere sostenuti dai produttori dei rifiuti stessi, sia pagando direttamente i servizi, sia attraverso la costituzione e capitalizzazione di un Fondo speciale per la gestione dei rifiuti e lo smantellamento degli impianti che i produttori di energia elettronucleare sono obbligati ad accumulare. La responsabilità primaria per la gestione di rifiuti radioattivi è del BfS.

Olanda.

Leggi e organismi preposti.

      La legge di riferimento è il Nuclear energy act n. 62 (21 febbraio 1963, sezioni 13 e 14).
      Nel 1982 è stata istituita con apposita legge la Società COVRA (Organizzazione centrale per i rifiuti radioattivi), responsabile della gestione di tutti i rifiuti radioattivi prodotti in Olanda.
      La COVRA è una società di tipo privatistico.

Finanziamenti.

      Il budget della COVRA è coperto per il 60 per cento dalle utility elettronucleari, per il 30 per cento dall'ECN (l'Ente statale olandese di ricerca energetica, assimilabile all'ENEA), e per il restante 10 per cento direttamente dallo Stato.

Svezia.

Leggi e organismi preposti.

      Le leggi che regolano in Svezia la gestione dei rifiuti radioattivi sono le seguenti: Act n. 1984:3 su Nuclear activities (1984); Radiation protection act n. 1988: 020 (1988); Act n. 1992:1537 sul Financing of future costs of nuclear waste management. La responsabilità della gestione dei rifiuti radioattivi è affidata alla società SKB (Compagnia svedese per il combustibile nucleare e la gestione dei rifiuti radioattivi).
      La SKB, società costituita in prevalenza dalle quattro utility elettronucleari nazionali, sottopone il suo programma triennale alla SKI (Ispettorato nucleare svedese), che lo valuta e lo sottopone, con le sue osservazioni, all'approvazione del Governo.

Finanziamenti.

      I fondi necessari sono raccolti prelevando una quota parte della bolletta elettrica, secondo un fattore annualmente aggiornato da SKI (pari a 0,019 corone svedesi per kWh, ossia 4,4 lire per kWh). Con questo sistema, tenendo conto anche degli interessi, fino al 1994 sono stati

 

Pag. 13

accumulati fondi pari a circa 15 miliardi di corone svedesi (circa 180 milioni di euro), che la SKB può utilizzare (e ha già in parte utilizzato) per coprire i costi di costruzione e operazione di impianti e infrastrutture per lo stoccaggio sia temporaneo che definitivo del combustibile irraggiato (in Svezia considerato come rifiuto da smaltire) e per lo smantellamento degli impianti, nonché per finanziare attività di ricerca in appoggio. I costi relativi alla gestione e deposito degli altri rifiuti prodotti in Svezia non sono coperti da questi fondi, ma vengono pagati direttamente dai produttori.

Svizzera.

Leggi e organismi preposti.

      Le leggi svizzere che regolano la gestione dei rifiuti radioattivi sono le seguenti: Federal atomic energy act (23 dicembre 1959, ultimi emendamenti 3 febbraio 1995, sezioni 4, 9 e 39); Federal order supplementing the atomic energy act (6 ottobre 1968, sezioni 1 e 10); Ordinanza per le misure preparatorie per la costruzione di depositi per rifiuti radioattivi (27 novembre 1989); Ordinanza per la protezione dalle radiazioni (22 giugno 1994, sezioni da 89 a 93).
      Sulla base di tali leggi, per quanto riguarda la gestione dei rifiuti:

          la raccolta, il trattamento, il condizionamento e lo stoccaggio temporaneo dei rifiuti «non elettrici» sono assegnati tramite l'EDI (Dipartimento federale dell'interno) al PSI (Paul Scherrer institute, istituto statale) con sede a Wurelingen;

          il deposito centralizzato dei rifiuti «elettrici» (compresi quelli di ritorno dall'estero) è affidato alla società privata ZWILAG (Zwischenlager Wurelingen AG), fondata nel 1990 dalle utility che lo sta realizzando sempre a Wurelingen;

          per la predisposizione e l'operazione dei siti di smaltimento definitivo di tutti i rifiuti svizzeri, nonché per la promozione delle attività di ricerca in appoggio, è stata costituita fin dal 1972 la società NAGRA, di tipo privatistico, finanziata dallo Stato e dalle utility.

Finanziamenti.

      È previsto per legge che le utility elettronucleari (tramite prelievo dalla bolletta elettrica) e tutti gli altri produttori di rifiuti radioattivi contribuiscano ad alimentare un fondo destinato alla gestione dei rifiuti e allo smantellamento degli impianti. Da tale fondo attinge la NAGRA sia per le attività di ricerca sui siti di smaltimento geologico per i rifiuti ad alta attività, sia per la realizzazione del deposito finale per i rifiuti a bassa attività.

Regno Unito.

Leggi e organismi preposti.

      Le principali leggi che regolano la gestione dei rifiuti radioattivi sono: Nuclear installation act (1965, emendato da regulation del 18 settembre 1990); The control of pollution (radioactive waste) regulations n. 959 (1976), n. 863 (1984), n. 708 (1985), n. 1158 (1989); Radioactive substances act sections 13 and 14 (1993).
      Sulla base di tali leggi, la responsabilità di sviluppare, controllare ed aggiornare periodicamente la strategia nazionale per la gestione dei rifiuti radioattivi è competenza del Secretary of state for the environment, di concerto con altri Ministeri interessati. Uno degli atti più importanti è costituito dal documento UK Government review of radioactive waste management policy, emesso dal Secretary of State for the environment il 19 maggio 1994.
      I compiti operativi sono affidati a due organismi, entrambi di proprietà dello Stato:

          la BNFL (British nuclear fuel services), sotto la vigilanza del Department of environment, che fornisce, su basi commerciali (anche a clienti esteri), servizi di ritrattamento e di trattamento, condizionamento e interim storage di rifiuti radioattivi

 

Pag. 14

ad alta e media attività, e gestisce il deposito nazionale di Drigg per lo smaltimento definitivo dei rifiuti a bassa attività;

          la NIREX (Nuclear energy radioactive waste executive), sotto la vigilanza del Department of energy, fondata nel 1985 per attuare la strategia governativa di smaltimento definitivo dei rifiuti di bassa e media attività prodotti nel Regno Unito.

Finanziamenti.

      Il costo della gestione dei rifiuti radioattivi deve essere interamente sostenuto dai rispettivi produttori.
      La BNFL opera in regime puramente commerciale.
      La NIREX è supportata, oltre che dallo Stato (Department of energy), dalla stessa BNFL, e dalle utility elettronucleari.

Stati Uniti.

Leggi e organismi preposti.

      La gestione dei rifiuti radioattivi è regolata negli Stati Uniti da un complesso corpus di leggi, di cui si elencano qui di seguito le principali: Nuclear waste policy act (1982); Nuclear waste policy amendments act (1987); Energy policy act, section 801 (1992); Low lever radioactive waste policy act (1980, emendato nel 1985); Department of energy order 5820.2A Radioactive waste management; Vaste isolation pilot plant land withdrawal act (1992); West valley demonstration project act (1980).

Finanziamenti.

      Il Nuclear waste policy act prescrive:

          che i proprietari di combustibile irraggiato e i generatori di rifiuti ad alta attività paghino l'intero costo del loro smaltimento;

          che sia stabilito un Nuclear waste fund per coprire i costi del programma di gestione dei rifiuti radioattivi.

      A tale scopo, una tassa variabile è stata caricata sulle bollette elettriche a decorrere dall'aprile 1983, in aggiunta ad una tassa una tantum per coprire la produzione di rifiuti antecedente tale data.
      Maggiori dettagli sono riassunti nel prospetto allegato alla presente relazione.